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Codex Purpureus Rossanensis
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Rossano
committenza e destinazione
A giudizio di molti studiosi, il
Codex
potrebbe essere stato commissionato dall'alta aristocrazia, laica o religiosa, della corte di Bisanzio o, addirittura, dalla famiglia imperiale.
Gli studiosi fondano la loro argomentazione sull'osservazione di due fenomeni, per così dire, 'sociali': la pergamena e l'inchiostro d'oro e d'argento erano, in quell'epoca, materiali assai rari e pregiati, alla portata solo delle famiglie di rango più elevato. A ciò aggiungono che il colore porpora era normalmente riservato all'imperatore, o ai suoi stretti congiunti, ed utilizzato, di solito, per simboleggiare il potere temporale dell'Impero o quello spirituale della Chiesa.
Tale ultima circostanza ha indotto parte della critica a ritenere il
Codex
un libro cerimoniale, dall'alto valore simbolico, destinato ad essere condotto in processione o esposto sull'altare, in occasione di sacre cerimonie, alla ammirazione dei fedeli. Insomma, un oggetto di ostentazione più che un libro da leggere.
Si tratta, in verità, di un'interpretazione minoritaria: assai più numerosi gli studiosi che, sostenendo che il colore porpora stia a simboleggiare, innanzitutto, il sangue versato dal Cristo per la redenzione degli uomini, avanzano l'ipotesi che, fin dalle origini, il
Codex
sia stato destinato ad un uso sacro, liturgico, dottrinale.
la tavola del Codex Purpureus che illustra la parabola del Buon Samaritano
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