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Rossano
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pavimento del XII secolo
San Bartolomeo da Simeri
Palazzo Amantea
Palazzo Amarelli
Palazzo Arcivescovile
  San Bartolomeo da Simeri

Bartolomeo nacque a Simeri intorno al 1050. Fin da giovane si sentì attratto dalla vita ascetica ed eremitica e si ritirò a vivere, con il Beato Cirillo, a Sant'Angelo Militino, nel territorio della Diocesi di Rossano. Desideroso di una vita ancor più solitaria, si rifugiò nei monti della Sila, in un luogo selvaggio sul monte Trigono, presso il lago Ampollino, dove visse per alcuni anni, senza tuttavia perdere i contatti con il Beato Cirillo e con il Beato Biagio. La sua condotta di vita e la fama di santità si diffusero presto e in breve tempo accorsero presso di lui numerosi discepoli, con i quali l'eremita intraprese la vita cenobitica.

Con il sostegno dell'ammiraglio Cristodulo, un arabo convertito al cristianesimo, e della reggente Adelaide diede avvio alla costruzione del monastero di Santa Maria Odigitria, che in seguito assunse la denominazione di Santa Maria del Pàtir o Pathirion. Contemporaneamente, fu ordinato sacerdote e ottenne da papa Pasquale II il privilegio della immunità del monastero, che fu posto sotto la diretta giurisdizione della Santa Sede.

Viaggiò spesso tra la Calabria e Costantinopoli per acquisire alla biblioteca da lui istituita nuovi codici e nuovi testi. La comunità del Patir conobbe in poco tempo un fiorente sviluppo tanto che Bartolomeo poté fondare, a Sinopoli, in Aspromonte, un secondo monastero. Le numerose richieste da parte dei tanti discepoli che volevano entrare nella sua comunità religiosa suscitarono le gelosie dei benedettini di Mileto, che lo accusarono di eresia. Per discolparsi, si recò a Messina presso Ruggero II, dal quale ottenne non solo il riconoscimento della sua innocenza ma anche l'incarico di fondare un monastero nella città di Messina, intitolato al SS. Salvatore.

Rientrato al Pathirion, morì il 19 agosto del 1130. Il sepolcro, di cui purtroppo si è persa traccia, fu eretto nella chiesa dell'abbazia. Fu probabilmente canonizzato poco dopo la morte e il suo culto si diffuse presto nei monasteri italo-greci. Il 19 agosto l'Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace lo ricorda con "memoria obbligatoria".