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La’ bas, romanzo criminale a castelvolturno.

Un film di Guido Lombardi, con Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha, Billy Serigne Faye, Alassane Doulougou, Italia 2011 – Cinecitta’ Luce.

Premio del pubblico “Kino” al miglior film alla Mostra cinematografica di Venezia 2011.

In francese, là bas significa lì, laggiù e indica la distanza che ci separa da qualcosa. Per molti africani dall’Europa e dalle sue prospettive. Per il regista napoletano Guido Lombardi diviene un termine chiave con cui  rovesciare l’ordinaria prospettiva sulla distanza che separa gli italiani dagli immigrati. Partendo dalla strage di Castelvolturno del settembre 2008, in cui il Clan dei Casalesi uccise sei giovani clandestini come atto deliberato di violenza razziale e monito sul controllo dei traffici illegali legati al territorio. Come negli episodi di Gomorra di Roberto Saviano, la sostanza dell’inchiesta e la prova del documento incontrano la forma della narrazione classica e la creazione di personaggi avvincenti e complessi con cui condividere i dissidi interiori e i dubbi morali, il respiro tragico e la redenzione finale. L’idea di restare ancorati al protagonista, Yssuf e di muoversi unicamente all’interno della comunità africana con cui si scontra e si confronta, permette così al film di farsi sguardo indagatore  e analitico sulla quotidianità dell’immigrazione, senza diventare una lezione retorica sull’accoglienza e uno spot contro il razzismo.

Premio del pubblico “Kino” al miglior film alla Mostra cinematografica di Venezia 2011.

In francese, là bas significa lì, laggiù e indica la distanza che ci separa da qualcosa. Per molti africani dall’Europa e dalle sue prospettive. Per il regista napoletano Guido Lombardi diviene un termine chiave con cui  rovesciare l’ordinaria prospettiva sulla distanza che separa gli italiani dagli immigrati. Partendo dalla strage di Castelvolturno del settembre 2008, in cui il Clan dei Casalesi uccise sei giovani clandestini come atto deliberato di violenza razziale e monito sul controllo dei traffici illegali legati al territorio. Come negli episodi di Gomorra di Roberto Saviano, la sostanza dell’inchiesta e la prova del documento incontrano la forma della narrazione classica e la creazione di personaggi avvincenti e complessi con cui condividere i dissidi interiori e i dubbi morali, il respiro tragico e la redenzione finale. L’idea di restare ancorati al protagonista, Yssuf e di muoversi unicamente all’interno della comunità africana con cui si scontra e si confronta, permette così al film di farsi sguardo indagatore  e analitico sulla quotidianità dell’immigrazione, senza diventare una lezione retorica sull’accoglienza e uno spot contro il razzismo.